Nel gennaio del corrente anno 2025 abbiamo parlato di un rapporto di 30 pagine, sintesi di un più corposo e approfondito Rapporto di circa 300 pagine divulgato da 38 scienziati in tema di batteri specchio, ne abbiamo parlato qui.
Avevamo evidenziato alcuni punti critici di quel rapporto dove, ad esempio non si parla mai di moratoria come invece nel caso del precedente appello ‘A call for Conservation with a Conscience: No Place for Gene Drives in Conservation’ del 2016 in cui si chiede di fermare la ricerca nel campo dei ‘geni-genocidi’.
I 38, al contrario, chiedono alla politica e alla filantropia di investire ulteriormente a scopo preventivo e difensivo a causa della considerevole pericolosità di queste ricerche.
Abbiamo, nell’immediato, offerto una lettura della questione alla luce del diritto, del Biodiritto, attraverso una intervista al Prof. Luca Marini, docente di Diritto Internazionale presso La Sapienza di Roma, già vicepresidente del Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) e presidente dell’European Center for Science, Ethics and Law (ECSEL).
In questi mesi il Prof. Pietro Perrino già Direttore di Ricerca del CNR, Agronomo e Genetista Vegetale, Master o Science in Salvaguardia di Specie Vegetali Minacciate da Estinzione e Utili in Agricoltura, docente in Salvaguardia della Biodiversità e campi affini nonché consulente scientifico di European Consumers, ha studiato l’intero rapporto dei 38 e ne ha dato una lettura critica in un Rapporto scientifico:
Contro-rapporto del Prof.Pietro Perrino in tema di Batteri Specchio e chiralità della Vita – pdf
Introduciamo i lettori di EC ai temi del Rapporto del Prof.Perrino attraverso una intervista in cui affrontiamo alcuni temi dove i confini tra scienza, etica, storia, diritti fondamentali, risultano sfumere l’uno nell’altro. Buona lettura.
- Professore alcuni mesi fa un gruppo di 30 scienziati che sta lavorando alla realizzazione dei ‘batteri specchio, forme di vita non esistenti in natura, ha pubblicato un corposo rapporto accompagnato da un testo divulgativo in cui si afferma che le ricerche che stanno conducendo sono pericolose.
Lei ha letto quel rapporto e alla luce della sua lunga esperienza e degli studi che tuttora conduce, è arrivato a delle conclusioni critiche. Lei crede che qualsiasi affermazione sul comportamento dei batteri specchio sia poco affidabile anche a causa della scarsa conoscenza che ancora abbiamo sul mondo dei batteri. Perché?
Perrino. I batteri sono organismi viventi estremamente polimorfici, cioè organismi che possono cambiare forma, dimensioni, fisiologia, genetica e quindi comportamento e/o ruolo in funzione dell’ambiente (variazioni di temperatura, ossigeno, nutrienti, ecc.) in cui vivono o sono costretti a vivere, nell’ambito della stessa specie. Perciò è difficile studiarli in laboratorio o fuori dal loro habitat naturale, tanto che la percentuale di specie conosciute o studiate o classificate è sorprendentemente molto bassa: lo 0,001% su mille miliardi di specie stimate[1]. Ciò significa che la stragrande maggioranza delle specie non le conosciamo e quindi non sappiamo come sono fatte e come si comportano, ma siamo certi che svolgono il loro compito sempre, anche quando ci appare che non fanno niente, perché quando sono inattivi significa che non c’è bisogno di loro o stanno mutando. Di fronte a un mondo di batteri per lo più sconosciuto, ma di cui abbiamo capito il significato possiamo affermare con certezza solo che si tratta di organismi senza i quali la vita di tutti gli altri esseri viventi sarebbe impossibile da immaginare. Ecco perché diventa difficile immaginare che si possano creare batteri che lavorano contro la vita. I batteri patogeni funzionano solo se ci sono le condizioni favorevoli e una di queste potrebbe essere anche il numero di batteri patogeni, che se è molto alto potrebbe creare le condizioni per la malattia, ma per un tempo limitato e cioè fino a quando le condizioni per la malattia non vengono contrastate da condizioni sfavorevoli ai patogeni e/o favorevoli allo sviluppo di altri batteri che fanno fuori i patogeni.
- Nella sua relazione cita Béchamp e la critica alla teoria dei germi di Pasteur. Su cosa si basa la teoria di Pasteur e perché Béchamp la critica?
Perrino. Louis Pasteur attribuisce ai batteri e più in generale ai microrganismi, inclusi i funghi microscopici, all’epoca chiamati semplicemente germi, la causa delle malattie. Antoine Béchamp, invece, insieme ad altri studiosi dell’epoca pensavano che i germi si sviluppavano come conseguenza delle caratteristiche del substrato in cui vivono, si nutrono e si moltiplicano (genericamente indicato come terreno). In altre parole, i germi non sarebbero la causa della malattia, ma un suo sottoprodotto. Insomma, i germi sarebbero più una conseguenza che una causa. È come se i batteri svolgessero il compito assegnatogli: correggere i processi vitali e riequilibrare le forze in campo negli ecosistemi, dal più piccolo al più grande. Il fine ultimo di tutti i processi è il prosieguo di una vita costruttiva e non distruttiva, anche quando non ci appare che sia così.
Come sappiamo, le case farmaceutiche hanno sostenuto sempre la teoria di Pasteur (eravamo nel XIX secolo), ma il trascorrere del tempo da sempre più ragione a quella di Béchamp, che ha diversi sostenitori, tra cui i principali sono: il medico americano Dr. Thomas S. Cowan, il biologo francese Dr. Gaston Naessens, e l’inventore americano Dr. Raymond Royal Rife. I lavori di questi studiosi dopo un lungo periodo storico buio sono sempre più considerati e rivalutati dal progresso scientifico. Degni di citazione sono: 1) Il Mito del contagio di Thomas S. Cowan e Sally Fallon Morell (2020), un libro che esplora la teoria del terreno di Béchamp che si oppone alla teoria dei germi come causa delle malattie, proponendo invece che le malattie siano causate principalmente da fattori ambientali e alimentari[2]; 2) Il ciclo dei somatidi della vita di Gaston Naessens (1989)[3], che presenta la sua rivoluzionaria teoria sui somatidi e sul loro ruolo nella salute e nella malattia; 3) Il Manuale di Rife sulla Terapia delle Frequenze e Salute Olistica, che illustra il dispositivo, inventato da Rife, che emette campi elettromagnetici per neutralizzare i patogeni senza danneggiare l’ospite[4].
Per contestualizzare la problematica sollevata da questa domanda, aggiungo che in diverse occasioni ho detto e scritto che non ho mai creduto alla favola che il batterio Xylella fastidiosa potesse essere stata la causa della malattia degli ulivi nel Salento[5]. Anzi, in questo caso specifico è stata osservata la presenza del batterio in piante di olivo sane e l’assenza in piante con la malattia, denominata giustamente “Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo” (CoDiRO). Questo per sottolineare quanto poco affidabili siano le diagnosi dei patologi, microbiologi e virologi, che di fronte a qualsiasi patologia vanno subito alla ricerca di una causa biotica, ignorando o scartando quasi sempre la varietà di cause abiotiche. Quando questi studiosi avranno capito che i microrganismi sono più nostri amici che nemici, la scienza avrà fatto un grande passo avanti.
- Lei fa anche riferimento alla capacità dei batteri di mutare geneticamente in rapporto a fattori ambientali. Quanto incidono i contaminanti ambientali artificiali non solo sui batteri ma anche su quelle malattie definite genetiche? Una malattia genetica è ancora sinonimo di malattia ereditaria?
Perrino. I batteri mutano geneticamente sempre con il mutare delle condizioni ambientali. Devono mutare per sopravvivere ai cambiamenti e per continuare a svolgere il lavoro (funzione) che gli compete: trasformare la materia inorganica in organica e viceversa. Di conseguenza, i fattori inquinanti incidono moltissimo nel determinare mutazioni genetiche significative. Gli inquinanti più conosciuti sono: metalli pesanti, antibiotici, pesticidi e residui radioattivi. Al riguardo c’è ampia letteratura[6].
Spesso alcune di queste mutazioni batteriche portano alla comparsa di ceppi patogeni da ceppi non patogeni o innocui, sia nel mondo animale sia vegetale. Ecco alcuni esempi: 1) Escherichia coli, un batterio comune, solitamente innocuo, presente nell’intestino di molti animali, compreso l’uomo, può mutare e acquisire fattori di virulenza, dando origine a ceppi patogeni come E. coli enteropatogeno (EPEC) e E. coli enteroemorragico (EHEC), che possono “causare” gravi malattie gastrointestinali; 2) Vibrio cholerae, un batterio marino che vive tipicamente in acque costiere calde, non patogeno, può subire mutazioni genetiche, come l’acquisizione del gene della tossina colerica, trasformandosi nel ceppo patogeno che “causa” il colera nell’uomo; 3) Xanthomonas campestris: un batterio comunemente presente nelle piante e nel suolo, non patogeno, può mutare e acquisire la capacità di infettare le piante, causando malattie come la macchia fogliare batterica e l’appassimento batterico in colture come pomodori, peperoni e cavoli. Naturalmente, ci sono anche le prove di mutazioni inverse: da patogeni a non patogeni.
Le malattie genetiche nella specie umana sono un capitolo a parte. Si stima che esistano tra 5.000 e 7.000 malattie genetiche note, che colpiscono circa 1 nato su 200 in tutto il mondo. Ciò si traduce in una prevalenza di circa lo 0,5% della popolazione globale[7]. È importante sottolineare che alcune malattie genetiche sono più comuni in determinate popolazioni o regioni a causa di fattori come l’effetto del fondatore[8], la consanguineità e le pressioni selettive. Inoltre, molte malattie genetiche possono non essere diagnosticate o essere diagnosticate in modo sbagliato, il che può rendere difficile effettuare stime accurate.
Da notare che molte malattie ritenute genetiche sono state poi riclassificate come malattie ambientali: alimentazione e stile di vita sbagliati. Un esempio di malattia che inizialmente si pensava avesse una causa genetica, ma che in seguito si è scoperto essere influenzata da fattori ambientali e stili di vita, è il morbo di Alzheimer[9]. Naturalmente la lista delle malattie che hanno una grossa componente ambientale è molto più lunga, tra cui: autismo, diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, alcuni tumori (cancro al seno, alle ovaie e al colon), schizofrenia e chi sa quante altre.
Ci sono quindi malattie che non sono genetiche, ma per le quali ci può essere una predisposizione genetica ad ammalarsi e malattie realmente genetiche, dovute alla presenza di geni difettosi sul DNA. Alcuni esempi di malattie genetiche comuni sono: 1) la Fibrosi cistica, una malattia genetica progressiva che causa infezioni polmonari persistenti e limita la capacità respiratoria nel tempo; 2) l’Anemia falciforme, una forma ereditaria di anemia in cui i globuli rossi si deformano e si rompono, causando anemia, dolore e danni agli organi; 3) l’Emofilia, una rara malattia ereditaria in cui il sangue non coagula normalmente, causando emorragie eccessive; 4) la Talassemia, una malattia del sangue ereditaria che induce l’organismo a produrre una forma anomala di emoglobina, causando anemia; 5) la Malattia di Huntington, una malattia cerebrale progressiva che causa movimenti incontrollati, problemi emotivi e perdita della capacità di pensiero[10].
In conclusione le vere malattie genetiche sono sempre ereditate, ma a seconda della genetica la malattia può manifestarsi o meno. La manifestazione dipende dalla forma allelica presente, si parla infatti di soggetti sani (senza geni difettosi), malati (con uno o più geni difettosi) e portatori sani (con almeno un gene difettoso, ma recessivo)[11].
Questa domanda sulle malattie genetiche mi fa ricordare una malattia che nel 1851 il medico americano Samuel A. Cartwright chiamò “Drapetomania”, termine utilizzato per spiegare perché gli schiavi cercassero di fuggire dalla prigionia, classificando il loro desiderio di libertà come una forma di malattia mentale. Se Cartwright avesse conosciuto la parola genetica avrebbe sicuramente detto che la drapetomania era una malattia genetica e non ambientale.
- La ricerca condotta da questi scienziati ci pone delle riflessioni riguardanti la ‘chiralità’ delle forme di vita. Le molecole chirali si sviluppano verso sinistra e non sono sovrapponibili alla loro immagine speculare: come e quando si forma una immagine speculare di una molecola?
Perrino. La risposta alla domanda del perché in natura la maggior parte delle molecole è chirale (molecole non sovrapponibili) e sinistrorsa o levogira è una domanda che si sono posti in molti e purtroppo ancora non c’è una spiegazione veramente convincente o plausibile. Tuttavia, la predominanza di molecole chirali e levogire in natura viene spesso definita un problema di “asimmetria chirale” o “omogeneità chirale”. Ciò premesso, ci sono diverse proposte che spiegano il fenomeno, tra cui: 1) la sintesi prebiotica, secondo la quale si ritiene che gli amminoacidi e gli zuccheri, rispettivamente i mattoni delle proteine e del DNA/RNA, si siano formati in un ambiente prebiotico in cui gli amminoacidi levogiri e gli zuccheri destrogiri venivano sintetizzati preferibilmente a causa della presenza di luce polarizzata circolarmente o di altri fattori fisici; 2) la selezione evolutiva, secondo la quale una volta stabilite le molecole chirali, l’omochiralità (omolateralità) delle molecole biologiche potrebbe aver fornito un vantaggio selettivo, in quanto garantisce il corretto ripiegamento, la funzione e le interazioni tra le molecole; 3) i meccanismi di amplificazione, per cui il processo di autocatalisi (una molecola che catalizza la propria formazione) e la degradazione di un tipo di molecola chirale da parte di un altro può portare all’amplificazione di una forma chirale rispetto all’altra.
Stranamente non ho trovato la spiegazione che secondo me sembra più plausibile, che sarebbe quella legata alla polarità della cellula vivente, cioè alla distribuzione prevalente delle cariche elettriche positive e negative all’interno della cellula (citoplasma) e lungo la superficie interna ed esterna della membrana cellulare. Ho posto la domanda all’IA, la quale mi ha risposto così: “il ruolo della polarità cellulare e la distribuzione delle cariche elettriche nel citosol e nella membrana cellulare non sono stati affrontati esplicitamente nelle spiegazioni sull’asimmetria chirale. Sebbene non sia a conoscenza di teorie specifiche che colleghino la polarità cellulare all’asimmetria chirale, sono state condotte ricerche che esplorano il potenziale ruolo dei campi elettrici nell’influenzare la chiralità. Ad esempio, uno studio di Blackmond et al. (2010) ha dimostrato che un campo elettrico statico può indurre una sintesi asimmetrica di amminoacidi in condizioni prebiotiche. È possibile che la polarità cellulare e la distribuzione delle cariche elettriche possano avere un ruolo nel mantenere o rafforzare l’asimmetria chirale nei sistemi biologici, ma sono necessarie ulteriori ricerche per approfondire questa idea.” Dopo questa risposta, resto dell’idea che la polarità può spiegare la chiralità levogira della maggior parte delle molecole meglio delle altre spiegazioni riportate in letteratura.
- Le forme achirali, speculari, lei spiega, sono meno comuni. Il tentativo di crearle in laboratorio consentirebbe di comprendere i segreti della vita. Fino a che punto è lecito che gli scienziati diano sfogo alla propria curiosità?
Perrino. Non ci sarebbero progressi scientifici se gli scienziati non fossero curiosi, ma se ci sono dei rischi la curiosità deve essere messa da parte e la ricerca deve procedere con tutte le cautele possibili. Una cosa certa è che non possiamo evitare i cambiamenti e che l’uomo deve evitare o mitigare i cambiamenti drastici che impedirebbero alla vita come la conosciamo di adattarsi al cambiamento. Tutto quello che l’uomo produce in modo non armonico con la natura è destinato all’estinzione se l’uomo non riesce a gestirne le conseguenze o i processi evolutivi. L’uomo deve necessariamente monitorare e gestire i cambiamenti climatici, l’acidificazione degli oceani, la frequenza di eventi meteorologici estremi, l’estinzione delle specie, la perdita di biodiversità, la deforestazione, la pesca, l’inquinamento, l’accumulo di sostanze chimiche tossiche, i rifiuti di plastica e altri inquinanti, la riduzione di resilienza degli ecosistemi e così via.
In conclusione, assodato che l’uomo deve essere curioso, è necessario però chiarire che deve essere attento a non rischiare che le sue scoperte diventino mezzi di distruzione, come è successo e potrebbe ancora succedere con la scoperta della bomba atomica (energia nucleare). Per motivi di segretezza, non sappiamo quante testate nucleari ci sono nel mondo, ma si stima che ce ne siano 9.500, per lo più possedute dagli USA e dalla Russia. Su questo punto, l’umanità deve vigilare costantemente, senza sosta e senza pensare di delegare la vigilanza a qualcuno.
- Nelle Sue osservazioni Lei spiega che le molecole achirali sono meno comuni di quelle chirali e sono presenti nei gas nobili. Sappiamo che esistono esperimenti orientati alla sintesi di gas (il gas nobile oganesson) e nel rapporto dei 30 scienziati si afferma che attraverso l’inalazione o le lesioni cutanee è possibile l’esposizione ai batteri specchio. È ipotizzabile prendere un’infezione (da batteri chirali o meno) inalando batteri attraverso gas?
Perrino. Sebbene l’esistenza di molecole achirali nei gas nobili sia stata documentata e siano in corso esperimenti volti a sintetizzare nuovi gas nobili come l’oganesson, l’idea di contrarre un’infezione inalando batteri attraverso i gas ha una bassa probabilità per diverse ragioni: per quanto resistenti i batteri non possono sopravvivere in un ambiente gassoso per un lungo periodo di tempo; il processo di infezione batterica prevede in genere il contatto diretto con una superficie contaminata o il trasferimento di batteri attraverso i fluidi corporei; l’inalazione di batteri attraverso i gas non è stata documentata come modalità di trasmissione comune; il sistema immunitario dispone di numerosi meccanismi di difesa, come muco e ciglia nelle vie respiratorie, per proteggere dai patogeni inalati. Questa argomentazione è sostenuta da lavori pubblicati.[12] L’ipotesi paventata dagli scienziati, nel Rapporto, di una possibile esposizione ai batteri specchio, attraverso inalazione e lesioni cutanee è solo un’idea fantascientifica.
- Nel Report degli scienziati si fa riferimento anche alla possibilità di infettarsi ingerendo tessuti infetti ovvero attraverso l’ingestione di animali o vegetali infetti. Abbiamo già trattato anni fa il tema (https://www.europeanconsumers.it/2019/03/21/biowarfare-e-agricoltura-il-danno-ambientale-come-strumento-di-guerra/). All’ingegneria genetica ‘cattiva’ il nostro organismo può rispondere solo attraverso l’ingegneria genetica ‘buona’?
Perrino. Ho letto l’articolo “Biowarfare e agricoltura: il danno ambientale come strumento di guerra” citato nella domanda. La guerra biologica contro l’agricoltura è una minaccia riconosciuta e considerata da diversi paesi come una potenziale strategia per causare danni economici, interrompere le forniture alimentari e minare il morale della popolazione.[13] Durante la Guerra Fredda, sia gli Stati Uniti d’America che l’Unione Sovietica svilupparono armi per colpire colture e animali da allevamento. Si narra che l’Unità 731 giapponese abbia sperimentato l’uso di pulci (Xenopsylla cheopis) infette di peste (batterio: Yersinia pestis) come arma biologica contro i civili cinesi durante la Seconda Guerra Mondiale. Più recentemente, si sono sollevate preoccupazioni circa la vulnerabilità delle moderne pratiche agricole, come la monocoltura e l’allevamento intensivo, alle armi geneticamente modificate. Sebbene questi esempi evidenzino la potenziale minaccia della guerra biologica contro l’agricoltura, è di fondamentale importanza sottolineare che tali pratiche sono vietate dal diritto internazionale e considerate crimini di guerra.
A ciò va aggiunto che esistono diversi esempi di batteri che sono stati utilizzati o considerati per l’uso come armi biologiche. Tra gli esempi più noti possiamo citare: Bacillus anthracis (antrace), Yersinia pestis (peste), Francisella tularensis (tularemia) e Clostridium botulinum (botulismo). Questi batteri sono stati classificati da organizzazioni come i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) come potenziali minacce alla sicurezza nazionale a causa della loro potenziale letalità e facilità di diffusione[14]. Anche in questo caso è importante ricordare che l’uso di armi biologiche è proibito dal diritto internazionale ed è considerato un crimine di guerra.
Tutto ciò premesso, alla domanda se c’è un’ingegneria genetica buona contro una cattiva, la mia risposta è: si c’è una ingegneria genetica buona ed è quella che ci ha regalato e ci regala ogni giorno la natura. Come ho avuto modo di sottolineare più volte i batteri o più in generale i microrganismi sono alleati naturali dell’uomo. La manipolazione genetica “cattiva” usata come strategia per nuocere deve continuamente fare i conti con quella della Natura, unica vera grande alleata, amica, anima e coscienza dell’uomo, che ci protegge costantemente.
Una grossa mano ce la danno i microrganismi. Esistono diversi esempi di bonifica ambientale che utilizzano microrganismi, tra cui batteri, funghi e alghe. Un approccio, noto come biorisanamento, che prevede l’uso di organismi viventi per scomporre o neutralizzare contaminanti ambientali, come fuoriuscite di petrolio, metalli pesanti e sostanze chimiche tossiche[15]. Ma per restare in tema di agricoltura, anche se non ci sono ancora pubblicazioni, un notevole contributo al risanamento ambientale nel Salento per risolvere il problema del CoDiRO, erroneamente attribuito alla Xylella fastidiosa, lo sta dando proprio l’uso dei microrganismi.
- Nel Suo articolo fa riferimento ad Alfred Russel Wallace. Perché crede che fosse dannosa la vaccinazione?
Perrino. Nella sua pubblicazione del 1989 di 43 pagine, “Quarantacinque anni di statistiche di registrazione dimostrano che la vaccinazione è inutile e pericolosa”, Wallace, considerato co-scopritore della teoria dell’evoluzione di Darwin, analizzò i dati relativi a individui vaccinati e non vaccinati contro il vaiolo relativi a un periodo di 45 anni. L’analisi dei dati non rilevava differenze significative nei risultati tra i due gruppi. La conclusione di Wallace fu che i dati non supportavano l’efficacia della vaccinazione e anzi la vaccinazione poteva persino essere dannosa[16]. La pubblicazione, all’epoca, suscitò molto scalpore e un acceso dibattito. Una storia che da allora si ripete spesso, come è appena accaduto nel periodo 2020-2023 del Covid-19 e non sappiamo ancora come si concluderà.
- Lei fa riferimento a scienziati riduzionisti e non. Eppure nel corso dell’esperienza Covid la Scienza è stata presentata come un’entità monolitica e incontestabile? Cos’è la scienza e cosa sono gli scienziati al tempo dell’ingegneria genetica?
Perrino. La parola scienza è spesso usata a sproposito. C’è una scienza legata alla fisica classica o meccanica o di Newton, che è anche quella di Galileo e di Cartesio e c’è una scienza legata alla fisica quantistica più moderna. Quest’ultima è ritenuta la meno sbagliata di tutte le fisiche, come ha affermato il Nobel Richard Feynman. I fisici legati alla fisica classica sono detti anche riduzionisti, meccanicisti e deterministi, perché non lasciano spazio alla fisica quantistica, che è incredibilmente più accurata nel descrivere e predire i fenomeni a livello atomico e subatomico. Sulla base delle mie conoscenze e di quanto ho osservato e continuo ad osservare quotidianamente, la tanto nominata scienza dal mainstream non è nemmeno scienza classica o dogma, ma è una serva della politica. Ciò premesso, gli scienziati dell’ingegneria genetica (artificiale) non sono scienziati ma scientisti, quando va bene. Il vero scienziato deve avere un grande spirito critico e una mente aperta e curiosa di conoscere la verità: una figura rara, ma destinata a crescere. Pertanto l’ingegneria genetica artificiale dovrebbe rappresentare solo uno strumento di lavoro per capire e aumentare le nostre conoscenze su come siamo fatti o come è fatta la natura genetica degli organismi viventi e utilizzare i risultati della ricerca con coscienza. La coscienza è quella parte di noi che non abbiamo ancora compreso, ma abbiamo capito che è l’unica cosa che ci dà la forza (energia) di andare avanti e comprendere quello che la scienza classica o meccanica non potrà mai farci comprendere se non è accompagnata dalla fisica più moderna e oserei dire anche dal buon senso.
Conclusioni. Le mie conclusioni sui batteri specchio sono che non dobbiamo temere chi sa quale disastro per diversi motivi: 1) la creazione dei batteri specchio è molto improbabile; 2) qualunque cosa produrranno gli scienziati in laboratorio non potrà sopravvivere se non è in armonia con la natura; 3) eventuali effetti negativi o distruttivi di sostanze prodotte artificialmente in laboratorio saranno tamponati dai modi in cui reagirà la natura, incluse le azioni suggerite dalla co-scienza; 4) la storia dell’uomo insegna che nonostante le difficoltà e avversità messe in opera dall’uomo stesso o forze occulte, la popolazione umana è cresciuta sempre, quantitativamente e qualitativamente; 5) l’evoluzione culturale dell’uomo è stata più veloce dell’evoluzione biologica; 6) la cultura, l’intelligenza e la consapevolezza dell’uomo aumentano sempre: 7) la consapevolezza in modo particolare permetterà alla specie umana di superare tutte le difficoltà che si presenteranno, incluse le guerre e tutte le catastrofi possibili e immaginabili; 8) la consapevolezza permetterà all’uomo di comprendere che è una parte dell’universo; 9) la consapevolezza permetterà all’uomo di comprendere che lui stesso è una unità dell’universo olografico; 10) l’ uomo consapevole non può distruggere se stesso e se lo farà, quando sarà, alla fine dei tempi, significa che non avrà più nulla da imparare o da conoscere – Fine dell’esperimento; 11) Intanto ci tocca continuare a lottare e sperimentare, senza tregua.
La vita non esaminata non vale la pena di essere vissuta (Socrate).
L’ignoranza è la madre di tutti gli errori (Francesco Petrarca).
L’ignoranza è tenebre, la conoscenza è luce (Denis Diderot).
Sfortunatamente: L’ignoranza è baldanza e la conoscenza indugio (Tucidide).
Intervista a cura di Chiara Madaro, 18 maggio 2025
[1]Kenneth J. Loceya and Jay T. Lennona, 2016. Scaling laws predict global microbial diversity. PNAS, May 24, 2016, vol. 113, no. 2: 5970–5975. https://www.pnas.org/doi/pdf/10.1073/pnas.15212911133
[2] Titolo originale: “The Contagion Myth” di Thomas S. Cowan and Sally Fallon Morell (2020): A book that explores Béchamp’s terrain theory and argues against the germ theory of disease, proposing instead that disease is primarily caused by environmental and dietary factors
[3] Titolo originale: “The Somatid Cycle of Life” di Gaston Naessens (1989). Naessens identifica i somatidi come la più piccola unità vivente, che ha osservato utilizzando il suo esclusivo microscopio somatoscopico. Secondo la sua teoria, i somatidi attraversano un ciclo vitale pleomorfo di 16 stadi, di cui i primi tre sono normali. Tuttavia, i somatidi progrediscono attraverso i restanti 13 stadi quando il sistema immunitario è indebolito, il che può portare a malattie. Naessens parla anche dello sviluppo del 714X, un prodotto sanitario non tossico progettato per ripristinare il ciclo dei somatidi e promuovere l’equilibrio del sistema immunitario.
[4] Titolo originale: “The Rife Handbook of Frequency Therapy and Holistic Health”. Rife è stato un inventore e scienziato americano, noto soprattutto per lo sviluppo del Microscopio Universale e per le sue controverse ricerche sulla guarigione basata sulle frequenze. Sosteneva che esponendo i virus a specifiche frequenze di onde radio, avrebbe potuto distruggerli, il che portò allo sviluppo del Generatore di Frequenze Rife o Macchina Rife.
[5] La Xylella non è la causa del disseccamento dell’olivo, ma se presente è solo la conseguenza. Atti del convegno ISDE Lecce: “Xylella, pesticidi. Rischi sanitari”. Lecce, 9 luglio 2018 https://www.isde.it/wp-content/uploads/2019/06/Atti-Convegno-ISDE-Lecce-09.07.2018-relazione-del-prof.-Pietro-Perrino.pdf
[6] Ecco alcuni esempi. Metalli pesanti: “Genotoxicity and mutagenicity of heavy metals: an overview” di J.H. Lee et al. (2021); “Effects of heavy metals on bacterial communities in contaminated soils” di M.G. Bagatin et al. (2022). Antibiotici: “The global emergence of plasmid-mediated colistin resistance mediated by mcr-1 and mcr-2” di T. Liu et al. (2016); “Antibiotic resistance genes in bacterial communities from Italian wastewater treatment plants” di A. Piazza et al. (2019). Pesticidi: “Mutagenic and genotoxic effects of pesticides: a review” di M. Cusic et al. (2021); “Pesticide-induced mutagenesis in bacteria: a review” di M. Rizzo et al. (2018). Residui radioattivi: “Effect of gamma radiation on genetic diversity of bacteria isolated from soil” di S. Sharma et al. (2013); “Genotoxic and mutagenic effects of radioactivity on soil microorganisms” di F. Scaglione et al. (2015).
[7] “Prevalence and incidence of rare diseases: Bibliographic data” by C. Bardini et al. (2021)
[8] L’effetto fondatore è un concetto di genetica delle popolazioni che descrive la perdita di variabilità genetica che si verifica quando una nuova popolazione viene costituita da un piccolo numero di individui provenienti da una popolazione più ampia. Ciò può portare a una maggiore prevalenza di determinati tratti genetici, tra cui malattie genetiche, nella nuova popolazione. L’effetto fondatore fu descritto per la prima volta in dettaglio da Sewall Wright, un biologo evoluzionista americano, nel suo articolo “Evolution in Mendelian populations” (1931). In questo articolo, Wright introdusse il concetto di deriva genetica e il ruolo delle dimensioni di una popolazione nel plasmare la diversità genetica. Sewall Wright (1931) “Evolution in Mendelian populations.” Genetics, 16(2), 97–159.
[9] Sebbene siano stati identificati alcuni fattori di rischio genetici per il morbo di Alzheimer, la ricerca ha anche dimostrato che fattori ambientali e stili di vita possono svolgere un ruolo significativo nel suo sviluppo. Ad esempio, alcuni studi hanno suggerito che fattori come la dieta, l’attività fisica, il fumo e l’esposizione a determinate tossine possano influenzare il rischio di sviluppare il morbo di Alzheimer. Ecco un riferimento bibliografico che discute il ruolo dei fattori ambientali e degli stili di vita nel morbo di Alzheimer: “Environmental Factors and Lifestyle Choices as Modifiers of Alzheimer’s Disease Risk: A Systematic Review” di T.D. Rajapaksha et al. (2019).
[10] I difetti genetici alla base di queste malattie sono stati identificati e ampiamente studiati. Ecco un breve riassunto delle cause genetiche e delle localizzazioni dei difetti per ciascuna malattia: Fibrosi cistica, causata da mutazioni nel gene CFTR, situato sul cromosoma 7, che codifica una proteina che regola il trasporto di ioni attraverso le membrane cellulari; Anemia falciforme, causata da una singola mutazione puntiforme nel gene HBB, situato sul cromosoma 11, che altera la struttura dell’emoglobina e causa la deformazione dei globuli rossi; Emofilia, causata da mutazioni nel gene F8 (emofilia A) sul cromosoma X o nel gene F9 (emofilia B) sul cromosoma X, che portano rispettivamente alla carenza o all’assenza dei fattori della coagulazione VIII o IX; Talassemia, causata da mutazioni nei geni HBA1 o HBA2 (alfa-talassemia) o nel gene HBB (beta-talassemia), che portano a una ridotta o assente produzione di emoglobina; Malattia di Huntington, causata dall’espansione di una ripetizione trinucleotidica CAG nel gene HTT sul cromosoma 4, che porta alla produzione di una versione anormalmente lunga e tossica della proteina huntingtina. La lunghezza dell’espansione della ripetizione CAG è associata all’età di insorgenza e alla gravità dei sintomi. Questi difetti genetici possono causare i sintomi caratteristici associati a ciascuna malattia e la comprensione delle mutazioni specifiche e della loro localizzazione può aiutare nella diagnosi, nel trattamento e nella consulenza genetica.
[11] Per ciascuna delle malattie genetiche citate, esistono infatti diverse possibilità: Fibrosi cistica, gli individui possono essere sani (nessuna mutazione), affetti (due mutazioni) o portatori sani (una mutazione); Anemia falciforme: gli individui possono essere sani (nessuna mutazione), affetti (due mutazioni) o portatori sani (una mutazione); Emofilia, le femmine possono essere sane, affette (due mutazioni) o portatrici sane (una mutazione). I maschi con una mutazione sono affetti, poiché hanno un solo cromosoma X; Talassemia: i modelli di ereditarietà sono complessi e dipendono dal tipo specifico di talassemia e dalle mutazioni coinvolte. Tuttavia, gli individui possono essere sani (nessuna mutazione), affetti (mutazioni multiple) o portatori sani (una o più mutazioni); Malattia di Huntington, i soggetti possono essere sani (meno di 36 ripetizioni CAG), malati (36 o più ripetizioni CAG) o avere uno stato intermedio (tra 27 e 35 ripetizioni CAG).
[12] In queste pubblicazioni vengono discussi i limiti della sopravvivenza batterica in ambienti gassosi: The survivability of bacteria in aerosols di S. A. Pahlow et al. (2018); Transmission of bacterial infections via inhalation of gas is not commonly documented, as mentioned in: “Bacterial Transmission: Understanding Routes, Vectors, and Methods of Control” di F. A. Manjoor et al. (2021); Respiratory tract defense mechanisms against inhaled pathogens: in “Mucus and Innate Immunity in the Respiratory Tract” di M. Lillehoj et al. (2017).
[13] Fonti: Biological Weapons: From the Invention of State-Sponsored Programs to Contemporary Bioterrorism di Jeanne Guillemin (2005); The New Bioweapons: Infecting Crops and Livestock” di Malcolm Dando (2010); Agroterrorism: Threats and Preparedness di Natalie J. Goldring and Mark A. Ratner (2008); Agriculture as a Target of Bioterrorism” di Raymond J. Zilinskas (1997)
[14] L’uso dei batteri come armi biologiche risale a secoli fa, ma ecco alcuni esempi specifici di quando e dove questi quattro batteri sono stati utilizzati o presi in considerazione per l’uso: Bacillus anthracis (antrace), è stato utilizzato come arma biologica negli attacchi del 2001 negli Stati Uniti, in cui lettere contenenti spore di antrace sono state inviate alle redazioni dei media e ai senatori statunitensi, causando cinque morti; Yersinia pestis (peste), usata durante la Seconda Guerra Mondiale, l’Unità 731 giapponese avrebbe sperimentato l’uso di pulci infette dalla peste come arma biologica contro i civili cinesi; Francisella tularensis (tularemia), sebbene non vi sia alcun uso documentato della tularemia nella guerra moderna, sia gli Stati Uniti che l’Unione Sovietica hanno sviluppato armi basate sulla tularemia durante la Guerra Fredda; Clostridium botulinum (botulismo), il Giappone avrebbe sperimentato le tossine botuliniche come potenziale arma biologica durante la Seconda Guerra Mondiale, ma non vi sono prove documentate del loro utilizzo in combattimento.
[15] Ecco alcuni riferimenti bibliografici che trattano questo argomento, fornendo, fra l’altro, una panoramica dei processi: “Bioremediation of Petroleum Oil Contaminated Soil and Water” di M. Bhatnagar et al. (2013); “Biodegradation of Synthetic Dyes—A Review” di J. H. Khan et al. (2013); “Bioremediation of Heavy Metals in Contaminated Soils” di K. Thangavel et al. (2015); “Algae and Environmental Sustainability” di M. A. Borowitzka et al. (2015); “Recent Advances in Petroleum Hydrocarbon Biodegradation” di S. Singh et al. (2020). Questi riferimenti bibliografici coprono varie applicazioni del biorisanamento per la bonifica ambientale, tra cui la degradazione di petrolio, coloranti sintetici, metalli pesanti e altri contaminanti.
[16] Alfred Russel Wallace, 1889. Forty-five years of registration statistics, proving vaccination to be both useless and dangerous. Un documento di 43 pagine. https://wellcomecollection.org/works/ek7m65dt/items
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