Biopirateria digitale

Biopirateria digitale e computer genetici

La biologia sintetica rappresenta un campo innovativo delle scienze biologiche. Oggi consente di ottenere il trasferimento digitale di sequenze sintetizzate di DNA di specifico interesse o addirittura di interi microorganismi e altri piccoli segmenti di genoma nella materia vivente senza che sia necessario lo scambio fisico di materiale biologico. Il trasferimento può avvenire digitalmente[1]. E può dare origine alla ‘biopirateria digitale’, un processo di codificazione e decodificazione di dati secondo un sistema binario ottenuto da filamenti sintetizzati di DNA[2]. Un affare che al 2020 prevedeva un giro di circa 40 miliardi di dollari[3].

La tecnica è stata resa nota proprio nel luglio del 2016 quando è stato finalmente possibile conservare 200MB di dati su alcuni filamenti di DNA. In particolare sono stati immagazzinati un video musicale, 100 libri e il database di sementi Crop Trust in uno spazio fisico più piccolo della punta di una matita. La tecnologia è stata sviluppata dai ricercatori di Microsoft e dall’Università di Washington che sono stati in grado di aumentare notevolmente la quantità di dati da immagazzinare. Per raggiungere lo scopo sono state trasformate le basi chimiche di cui è costituito ogni filamento di DNA (Adenina, Guanina, Citosina, Timina) in 1 e 0, i numeri di cui si compone il sistema binario, alla base del sistema informatico. In seguito è stata ingaggiata una società, la Twist Bioscience, per convertire questi dati mappati in DNA sintetico secco. I dati salvati potranno, poi, essere recuperati e ‘letti’ attraverso una tecnica di manipolazione del DNA nota come reazione a catena della polimerasi che amplifica i filamenti di DNA, lo risequenzia, lo converte in Bit e lo legge in una RAM appositamente codificata. Per i ricercatori non esistono limiti e, considerando l’interesse del mercato, si prevede che entro pochi anni[4] queste tecnologie influiranno sulla vita delle persone[5].

In pratica è possibile realizzare dei computer biologici programmati per svolgere diverse attività. I ricercatori possono assemblare una sequenza desiderata di basi in un filamento di acido nucleico e programmarla affinchè si leghi a specifici frammenti di DNA o RNA o proteine innescando reazioni chimiche, elaborando informazioni chimiche e produrre un segnale utile, ad esempio, a diagnosticare qualcosa.

Questi computer biologici funzionano sia nelle soluzioni liquide che nelle cellule ma hanno un problema: si degradano facilmente. Un recente studio[6] ha, comunque mostrato di aver prolungato la vita di questi computer facendo uso di RNA piuttosto che di DNA ma ci si sta ancora lavorando. L’obiettivo è il monitoraggio continuo dell’espressione genica di interesse.

Un altro problema consiste nella possibilità indesiderata che i filamenti in un circuito finiscano per legarsi ad altri filamenti esistenti nello stesso circuito impedendo di legarsi ai bersagli prescelti.

I problemi di gestione di questi filamenti e dei loro legamenti sono svariati ma l’obiettivo consiste nell’inserire questi computer nei batteri e osservarne il comportamento e le prestazioni[7]

Rischi

I rischi e le implicazioni etiche riguardanti la biologia sintetica possiamo immaginarli. Se ne parla già nel 2016 in un  documento_[8] elaborato dall’International Civil Society Working Group On Synthetic Biology, un movimento che raggruppa organismi quali Ecoropa, EcoNexus, ETC Group, Friends of the Earth, GeneEthics, Heinrich Boell Foundation e il Third World Network.

Il Gruppo avverte principalmente l’esigenza di definire esattamente cosa sia la biologia sintetica, equiparata a tradizionali tecnologie genetiche ritenute sicure (a torto, secondo ricercatori indipendenti). La Biologia Sintetica va ben oltre la prima generazione di organismi transgenici ingegnerizzati e può essere usata non solo in fragranze o nella cosmetica, nel cibo, ma anche in coltivazioni e animali attraverso cui i geni sintetizzati possono auto-replicarsi. Da qui la proposta di una immediata moratoria da discutere in seno alla COP-MOP 8 e di un corpus normativo in grado di garantire un argine alla deriva scientista cui si va incontro.

Tre le osservazioni più preoccupanti espresse dal Group, il legame tra la biopirateria e le sequenze digitali.

La biopirateria digitale è un ambito della scienza poco conosciuto eppure è un fenomeno praticato grazie alla possibilità di eludere le norme in materia di accesso e condivisione di dati. “La combinazione di un più veloce sequenziamento genetico con la rapida sintesi di DNA e le potenti tecniche di editing genetico come il CRISPR sta creando nuovi percorsi per la biopirateria che devono essere affrontati. La combinazione di queste tecniche nella biologia sintetica possono nuocere alla implementazione degli obblighi della Convenzione (ndr CBD) riguardante l’accesso e la condivisione dei benefici, incluso il Protocollo di Nagoya. Le risorse genetiche – che si tratti di sequenze di DNA di specifico interesse o di interi microorganismi o altri piccoli genomi – possono adesso essere trasferite digitalmente e sintetizzata nella materia vivente senza che vi sia uno scambio fisico di materiale vivente. Questa realtà emergente pone maggiori sfide (…) è urgente che la Convenzione studi attentamente le implicazioni in modo da facilitare le azioni politiche nella difesa degli obiettivi della Convenzione (…)”.

L’International Civil Society Working Group On Synthetic Biology faceva queste affermazioni nel 2016 richiamandosi ad una lettera-manifesto del settembre 2016 e nota come ‘A Call for Conservation with a Conscience: No Place for Gene Drives in Conservation’, elaborata da un gruppo di noti attivisti ambientali e per i diritti umani (da Vandana Shiva a Jane Goodall, da Fritjof Capra a David Suzuki) in cui si parla esplicitamente di rilascio deliberato di ‘geni genocidi’ consentito dallo strumento Crispr-Cas9 e delle sue applicazioni alla tecnologia gene drive.

Abbiamo già visto cosa sia successo nei due anni successivi, quelli preparatori alla nuova CBD del 2018 e all’avvio di una moratoria contro l’uso di queste tecnologie: una manomissione del regolare processo decisionale che porta a timide affermazioni prudenziali e a nulla di concreto.

Succede anche che nel novembre del 2020 le ricercatrici Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna abbiano vinto il Nobel proprio per aver sviluppato (2012) una metodologia capace di modificare i geni usando il sistema immunitario dei batteri, capace di disattivare i virus ‘tagliando’ il loro DNA con una ‘forbice genetica’. Le ricercatrici sono state in grado di riprodurre uno strumento in grado di tagliare qualsiasi molecola di DNA in un sito specifico. Una tecnologia che è possibile utilizzare in medicina[9].

La tecnologia è stata, quindi, testata su larga scala per la prima volta attraverso i cosiddetti ‘vaccini’ Covid 19.

Oggi è in corso una controversia sui brevetti del CRISPR: Charpentier ha presentato ricorso insieme alle università della California e di Vienna chiedendo di rivedere una decisione dell’ufficio brevetti statunitense che si è pronunciato a favore del MIT di Harvard designandolo come primo inventore del CRISPR/Cas9 per la modifica di una cellula umana di un certo tipo utilizzabile per l’uso di medicinali.

Sono in gioco somme importantissime per chi detiene le royalty e per le aziende coinvolte nell’uso della tecnologia CRISPR[10]. Ma sono in gioco anche questioni relative alla sicurezza della vita sulla Terra, la nostra vita, non ancora sufficientemente indagate. Ancor meno indagato il settore particolarissimo, fantascientifico della biologia digitale.

Scienza o perversione?

 

Chiara Madaro

[1] The International Civil Society Working Group On Synthetic Biology (Ecoropa, EcoNexus, ETC Group, Friends of the Earth, GeneEthics, Heinrich Boell Foundation, Third World Network), ‘Syntethic Biology and the CBD. Five key decisions for COP13 & COP-MOP 8’, https://www.boell.de/sites/default/files/2016-11-icswgsb_synbio_brief_cop13_.pdf

[2] Merck, ‘Molecular Biology Guide. Bacterial Transformation’, https://www.sigmaaldrich.com/IT/it/technical-documents/technical-article/genomics/advanced-gene-editing/transformation

[3] The International Civil Society Working Group On Synthetic Biology (Ecoropa, EcoNexus, ETC Group, Friends of the Earth, GeneEthics, Heinrich Boell Foundation, Third World Network), ‘Syntethic Biology and the CBD. Five key decisions for COP13 & COP-MOP 8’, https://www.boell.de/sites/default/files/2016-11-icswgsb_synbio_brief_cop13_.pdf

[4] L’articolo è del 2016

[5] Lance Ulanoff, ‘Researchers stored an OK Go music video on strands of DNA. DNA storage could transform our computing lives within a decade’, 7 luglio 2016, disponibile in: https://mashable.com/article/dna-data-storage-200mb#MKRBkBe4POqE

[6] Schaffter, Samuel W., and Strychalski, Elizabeth A. Co-transcriptionally encoded RNA strand displacement circuits. Science Advances. Published online March 23, 2022. DOI: 10.1126/sciadv.abl4354

[7] Johnatan Griffin, ‘Revamped Design Could Take Powerful Biological Computers From the Test Tube to the Cell’, 23 marzo 2022, disponibile in: https://www.nist.gov/news-events/news/2022/03/revamped-design-could-take-powerful-biological-computers-test-tube-cell

[8] International Civil Society Working Group on Synthetic Biology, ‘Synthetic Biology and the CBD. Five key decision for COP 13 & COP-MOP 8’, disponibile in: https://www.boell.de/sites/default/files/2016-11-icswgsb_synbio_brief_cop13_.pdf

[9] The Nobel Prize, The Nobel Prize in Chemistry 2020, ‘Emmanuelle Charpentier, Facts’, https://www.nobelprize.org/prizes/chemistry/2020/charpentier/facts/

[10] Annalee Armstrong, ‘CRISPR patent dispute not over yet as Emmanuelle Charpentier, universities appeal’, 4 aprile 2022. Disponibile in: https://www.fiercebiotech.com/biotech/crispr-patent-dispute-not-over-yet-charpentier-universities-appeal

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