European Consumers Aps aveva paventato già nel 2019[1] come gli ingenti fondi regionali stanziati per il fiume Velino potessero essere utilizzati per artificializzare le sponde, tagliare la vegetazione arborea, distruggere la vegetazione acquatica di uno dei pochi fiumi laziali ancora in discrete condizioni, almeno fino a Rieti.
Visti i contenuti del Piano per il Fiume Velino European Consumers Aps ha successivamente lamentato l’incapacità di riconoscere l’importanza naturalistica del fiume a fronte della possibilità di sprecare risorse pubbliche a favore dell’artificializzazione a scopo “precauzionale” e lanciato l’allarme per un aumento del rischio di esondazione del Velino, causato proprio dell’artificializzazione delle sponde[2].
Purtroppo questa preoccupazione è stata confermata nel peggiore dei modi. In spregio alle Normative nazionali e comunitarie a tutela dell’ambiente, dei fiumi e delle foreste nella Zona Speciale di Conservazione IT6020012 Piana di S. Vittorino – Sorgenti del Peschiera un tratto di 3 chilometri del fiume Velino ha subito la completa distruzione della vegetazione riferibile ad habitat di interesse comunitario[3].
Quello che European Consumers ha previsto come conseguenza, anche sulla base dell’esperienza di passati interventi distruttivi e dei conseguenti peggioramenti dei fenomeni di alluvione, si è puntualmente verificato: questi giorni il Velino ha straripato allagando vaste zone agricole della Piana Reatina presso Chiesa Nuova, Colle Aluffi e tra Terria e Montisola e nella piana di San Vittorino. In particolare proprio nel Comune di Contigliano dove lo scorso anno la regione ha eradicato centinaia di alberi dagli argini del fiume Velino a valle di Rieti,.
Gli straripamenti, favoriti dal carico sedimentario dovuto al cedimento delle sponde disboscate, ha anche minacciato la vita di molti animali, alcuni dei quali salvati grazie alle segnalazioni di European Consumers APS.
Un cavallo impantanato e legato salvato grazie alle segnalazioni di European Consumers APS[4] |
Tra le zone inondate va ricordata la fattoria di proprietà di un feroce contestatore delle politiche di riqualificazione ambientale ripetutamente invocate da European Consumers in contrasto con i disboscamenti selvaggi effettuati.
Questa catastrofica situazione conferma che, come ha sempre asserito European Consumers APS, il modo migliore di gestire i fiumi è favorirne quanto più possibile la naturalizzazione delle sponde e delle aree golenali, essendo le foreste ripariali e il rispetto degli ambiti di esondazione l’unico metodo efficace dal punto di vista ecologico per la stabilizzazione e messa in sicurezza dei corsi d’acqua.
Oltre a stabilizzare le sponde e, nel periodo vegetativo, assorbire elevate quantità d’acqua i boschi ripariali sono habitat di interesse comunitario e dovrebbe essere cura e vanto delle amministrazioni e comunità locali considerarli elementi di pregio, fondamentali per la creazione di reti ecologiche efficienti e per la lotta all’erosione delle sponde che contribuisce notevolmente all’intensificazione dei fenomeni alluvionali.
Inoltre la vegetazione, sia spondale che sommersa, contribuisce all’assorbimento di sostanze tossiche (come i pesticidi di origine agricola e i metaboliti dei medicinali sintetici) sversati nel corso d’acqua e mitiga i fenomeni climatici come tutta la vegetazione arborea oltre a favorire la biodiversità offrendo nicchie ad animali spesso in via di estinzione proprio a causa dell’artificializzazione e distruzione degli habitat ripariali.
Ma in Italia i finanziamenti provenienti dallo Stato, dalle Regioni o dalla UE per la messa in sicurezza dalle alluvioni non è utilizzata per interventi extra-alveali di reti di derivazione o creazione di riserve idriche, ma per disboscare, rialzare gli argini, alterare le sponde favorendo unicamente interessi economici locali.
Queste operazioni condannano l’ecosistema fiume alla banalizzazione, sono condotte con macchinari altamente invasivi quali escavatori pesanti, e sono condotte in maniera ripetuta e generalizzata anche nel pieno della stagione riproduttiva della fauna selvatica.
Oltre al taglio della vegetazione, l’utilizzo dei macchinari comporta l’amminutamento dei rifiuti e dei materiali plastici spesso abbandonati lungo le rive in notevoli quantità, amplificando l’impatto negativo sulla qualità ambientale degli ecosistemi.
Il risultato è un aumento del degrado e del rischio come accade inevitabilmente quando l’uomo compete con la Natura invece di comprenderla e accettare i limiti che essa impone a livello di gestione ecosostenibile, l’unica che riteniamo ammissibile.
Già in passato gli interventi dell’Ardis (Agenzia Regionale per la Difesa del Suolo) effettuati alcuni anni fa sul tratto del fiume Velino tra Caporio e Casette (denominato Fiume Morto) hanno previsto la distruzione della vegetazione di sponda e l’innalzamento di circa 5 metri dell’argine fluviale nel tratto a valle del Comune di Cittaducale, per circa 10 chilometri.
L’innalzamento delle sponde è stato effettuato nonostante, a causa delle derivazioni, questo tratto di fiume in estate è praticamente privo d’acqua perché viene completamente derivata dal canale artificiale costruito dall’Enel, che conduce l’acqua fino al Velino a Casette, violando la Direttiva 2000/60/CE per quanto riguarda il Minimo Deflusso Ecologico.
Tali interventi, come verificato da verifiche di campo condotte da European Consumers), hanno determinato la destabilizzazione del sistema spondale confermata da una serie impressionante di crolli di alberi anche di significative dimensioni, circa 3 km prima della confluenza del fiume morto (vecchio alveo Velino) e il canale Enel (Erg).
I lavori effettuati dall’Ardis su insistente richiesta anche degli agricoltori e di Erg (Centrale Idroelettrica di Cotilia, a Cittaducale), causando disarticolazione del sistema ecologico-ripariale hanno aumentato il rischio per danni per dissesto idrogeologico, dilavamento dei terreni ed esondazioni con possibili perdite del raccolto o diminuzione della produzione proprio a sfavore del comparto agricolo, che sarebbe invece sicuramente avvantaggiato da una gestione naturalistica del territorio.
La causa del disastro va ricercata nelle modifiche peggiorative delle norme ambientali effettuate con la scusa dell’emergenza. In base alle modifiche apportate all’art. 9 del D.Lgs. 49/2010[5] dalla Legge 97/2013[6], era stata inserita nel decreto la verifica di assoggettabilità del Piano di Gestione Rischio Alluvioni alla VAS.
Il ruolo di autorità proponente era svolto dall’Autorità di Bacino Nazionale a cui era attribuito il ruolo di coordinamento a livello di Distretto Idrografico in virtù dell’art. 4 del D.Lgs. 219/2010.
Il D.L. 91/2014[7], ha disposto l’esclusione dalla verifica di assoggettabilità alla VAS (valutazione ambientale strategica) della parte dei piani di gestione del rischio di alluvioni per il distretto idrografico di riferimento, di competenza delle regioni, in coordinamento tra loro, nonché con il Dipartimento nazionale della protezione civile, riguardante il sistema di allertamento, nazionale, statale e regionale, per il rischio idraulico ai fini di protezione civile, con particolare riferimento al governo delle piene (art. 10, comma 10).
La Direttiva 2007/60/CE[8], attuata in Italia dal D. Lgs. 49/2010[9], con la finalità di istituire un quadro di riferimento per la valutazione e la gestione dei rischi di alluvioni, ha tra i suoi scopi la riduzione delle potenziali conseguenze negative delle alluvioni anche sull’ambiente e sul patrimonio culturale.
Ma evidentemente si è approfittato delle “norme di sicurezza” per far diventare i biotopi ripariali vittime sia degli stress climatici e idrologici, dovuti in massima parte alla pessima gestione del territorio, che di interessi che vedono l’ambiente per l’ennesima volta come utile alla creazione di economia speculativa e non di qualità ecologica e sostenibilità.
European Consumers ritiene che il Piano nazionale contro il dissesto idrogeologico e i piani di gestione del rischio di alluvioni (PGRA), come tutti i piani che hanno un potenziale impatto ambientale, devono essere sottoposti integralmente a Valutazione Ambientale Strategica (VAS) Nazionale per garantire (art.4 comma 4 Parte II Titolo I del D.Lgs. 152/2006) un elevato livello di protezione dell’ambiente e contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali nelle varie fasi di elaborazione, adozione e approvazione dei Piani stessi, in modo che siano coerenti a livello nazionale e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile.
Anche la Direttiva 2007/60/CE prevede il coinvolgimento pubblico, attraverso idonei strumenti di informazione e consultazione. Il percorso individuato dalla FD si svolge all’interno di un ciclo di gestione, che si rinnova attraverso un processo iterativo con periodicità pari a 6 anni, e che deve prevedere altresì il coinvolgimento pubblico, attraverso idonei strumenti di informazione e consultazione.
Altresì è doveroso evitare qualsiasi uso improprio delle aree golenali. Anche nel fiume Velino paradossalmente spesso i peggiori danni ambientali sono stati perpetrati proprio per mettere in sicurezza infrastrutture e aree produttive costruite in modo irrazionale in zone di esondazione da lasciare, per quanto possibile, in condizioni naturali e prossimo-naturali.
Partendo da questi principi ribadiamo che la sola politica fluviale e scientifica per il fiume Velino deve:
- riportare la gestione su un corretto piano tecnico-scientifico per garantire sia la tutela degli ecosistemi che una corretta gestione naturalistica del rischio di alluvioni;
- realizzare studi sulla vulnerabilità ecologica e faunistica del reticolo;
- coinvolgere in tutte le fasi professionalità e competenze in campo naturalistico ed ecologico (geomorfologiche, botaniche, forestali, ecologiche, faunistiche, ornitologiche, oltre che ingegneristiche);
- obbligare al rispetto della “finestra” temporale di stop agli sfalci e a qualsiasi tipo di taglio, durante la nidificazione degli uccelli e la riproduzione della “fauna minore”;
- organizzare corsi di formazione obbligatori per il personale tecnico e operativo, che prevedano materie naturalistiche ed ecologiche;
- investire risorse per ripulire il Velino dai veri rifiuti, ovvero quelli di origine antropica;
- prevedere in via ordinaria l’allargamento delle fasce alberate, sia per motivazioni di riqualificazione ecologica sia per adeguarle ai mutamenti dei regimi di piovosità indotti dai cambiamenti climatici;
- garantire l’uso sostenibile dei sistemi idrici (acqua, sedimenti, biota), attraverso una pianificazione integrata che preveda l’armonizzazione delle attività antropiche alla loro riqualificazione ecologica;
Tali obiettivi sono del tutto in linea con la Strategia Nazionale per la Biodiversità (2010) afferma come obiettivi specifici da conseguire entro il 2020 (e quindi miseramente falliti a quanto è dato vedere[10]):
- proteggere e preservare gli ecosistemi delle acque interne a scala di bacino idrografico, contrastandone il degrado e la perdita di biodiversità e, laddove possibile, promuoverne il ripristino, per garantirne vitalità e funzionalità e la produzione dei servizi ecosistemici che da essi derivano, principalmente per l’alimentazione e il rifornimento idrico ma anche per la loro capacità di mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici;
- garantire l’integrazione delle esigenze di conservazione della biodiversità degli ecosistemi delle acque interne e dei relativi servizi ecosistemici nelle politiche economiche e di settore, rafforzando la comprensione dei benefici derivanti e dei costi della loro perdita;
- migliorare la conoscenza dello stato complessivo dei sistemi acquatici, per comprendere gli effetti degli impatti derivanti dalle attività umane e dai cambiamenti climatici sui sistemi fisici e sui processi biologici ad essi associati;
- contenere la pressione antropica sulle acque interne esercitata dalla domanda turistica anche attraverso la diversificazione della stagionalità e delle modalità di fruizione.
Sulla base dell’analisi delle principali minacce alla Biodiversità delle acque interne e degli obiettivi di questa area di lavoro, la Strategia Nazionale per la Biodiversità identifica le seguenti priorità d’intervento del tutto in contraddizione con l’artificializzazione dei corsi d’acqua:
a) assicurare entro il raggiungimento e il mantenimento dello stato ecologico “buono” per i corpi idrici superficiali e sotterranei o, se già esistente, dello stato di qualità “elevato”, secondo la Direttiva Quadro sulle Acque (WFD) 2000/60/CE e la normativa nazionale di recepimento;
b) assicurare la piena operatività dei Piani di Bacino Distrettuali e dei Piani di tutela delle acque ;
c) rafforzare la tutela degli ecosistemi acquatici, sviluppando le opportune sinergie tra quanto previsto dalla WFD e dalle Direttive Habitat e Uccelli, come suggerito dal Piano congiunto tra CBD e Ramsar (River Basin Initiative – COP V della CBD – Decisione V/II, maggio 2000[11]) e come attualmente in corso di approfondimento nell’ambito della Strategia comune di attuazione della WFD (CIS – Work Programme 2010- 2012);
d) ridurre in modo sostanziale gli impatti sugli ecosistemi acquatici diminuendo l’incidenza delle fonti di inquinamento puntuali (reflui urbani, reflui di impianti industriali e di trattamento rifiuti) e diffuse (nutrienti e pesticidi) e gli effetti dell’inquinamento atmosferico;
e) potenziare l’attività conoscitiva in materia di tutela delle acque, attraverso l’ottimizzazione delle reti di monitoraggio meteo-idro-pluviometriche e freatimetriche, non solo per la gestione del rischio idrogeologico, idraulico e di siccità, ma anche per valutare la disponibilità della risorsa idrica superficiale e sotterranea; l’attività conoscitiva va estesa anche alle pressioni sulle risorse (es. prelievi, restituzioni, ecc.) al fine della stima del bilancio idrico;
f) razionalizzare l’uso delle risorse idriche, attraverso la regolamentazione delle attività e delle procedure in ordine al regime concessorio del bene acqua e il controllo delle captazioni illecite e delle dispersioni dovute al malfunzionamento della rete di distribuzione, valutando, sulla base di un’analisi costi/benefici, la risorsa che, a scala di bacino, può essere utilizzata senza compromettere i servizi ecosistemici;
g) sostenere azioni finalizzate a migliorare l’efficienza di utilizzo delle risorse idriche per le attività produttive e il riutilizzo dei reflui depurati per gli usi compatibili in tutti i settori, promuovendo il risparmio idrico e progetti finalizzati alla definizione delle migliori pratiche tecnologiche per il trattamento delle acque potabili e per l’abbattimento degli inquinanti naturali sovrabbondanti;
h) ridurre gli interventi di regimazione ed alterazione dell’idromorfologia dei corsi d’acqua, ripristinando il più possibile le connessioni dei corpi idrici e dei relativi ecosistemi, al fine di favorire le specie ittiche migratrici e le specie che utilizzano i corpi idrici e gli habitat associati per i loro spostamenti abituali;
i) promuovere le attività di informazione sul valore della risorsa idrica, sul diritto di accesso e sulla necessità del risparmio idrico;
j) promuovere la conservazione di corpi idrici di alto pregio, attraverso il recupero di zone umide, il ripristino di fiumi a meandri, e il mantenimento di corpi idrici seminaturali;
k) promuovere la corretta programmazione degli interventi irrigui, privilegiando le produzioni tipiche mediterranee;
l) applicare il divieto d’introduzione di specie aliene invasive nei corpi idrici (ad esempio per interventi di ripopolamento per scopi alieutici);
m) promuovere unicamente attività economiche che prevedano la corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e delle risorse ittiche.
European Consumers intende partecipare, in sinergia con associazioni ambientaliste, ricercatori scientifici, gruppi di cittadini ed altre organizzazioni all’organizzazione di campagne di sensibilizzazione per chiedere agli enti gestori l’applicazione rigorosa di modelli gestionali eco-sostenibili e rispettosi per l’ambiente di fatto previsti da Convenzioni, Strategie e normative nazionali e internazionali.
Tutti gli enti gestori che si ostineranno ad applicare forme obsolete di gestione fluviale saranno individuati e posti alla pubblica attenzione. Ove possibile European Consumers intraprenderà anche azione legali contro chiunque, amministratore o privato, non intenda impegnarsi per la tutela della biodiversità dei corsi d’acqua favorendo il degrado ambientale e danni a cose e persone.
Riferimenti
[1] Comunicato Stampa: soldi per il fiume Velino: per salvarlo o per distruggerlo? https://www.europeanconsumers.it/2019/07/06/comunicato-stampa-soldi-per-il-fiume-velino-per-salvarlo-o-per-distruggerlo/
[2] European CONSUMERS LANCIA L’ALLARME PER UN AUMENTO DEL RISCHIO DI ESONDAZIONE DEL Velino a causa dell’artificializzazione delle sponde
[3] Desertificazione del Fiume Velino in piena area protetta. https://www.europeanconsumers.it/2022/03/07/desertificazione-del-fiume-velino-in-piena-area-protetta/
[4] Esondazioni a Cittaducale, cavallo salvato da European Consumers e Carabinieri Forestale – Rietinvetrina
Esondazioni a Cittaducale, cavallo salvato da European Consumers e Carabinieri Forestale
[5] D.Lgs. 23/02/2010, n. 49 – “Attuazione della direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni”. Pubblicato nella Gazzetta Ufficio 2 aprile 2010, n. 77.
Art. 9 Coordinamento con le disposizioni della parte terza, sezioni I e II, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni (In vigore dal 25 giugno 2014)
- Le autorità di bacino distrettuali di cui all’articolo 63 del decreto legislativo n. 152 del 2006 attuano le disposizioni del presente decreto coerentemente con quanto stabilito alla parte terza, sezioni I e II, del decreto legislativo n. 152 del 2006, al fine di migliorare l’efficacia e lo scambio delle informazioni, tenendo conto, in particolare degli obiettivi ambientali di cui allo stesso decreto legislativo n. 152 del 2006. 1-bis. I piani di gestione del rischio di alluvioni di cui all’articolo 7 comma 3, lettera a) del presente decreto sono sottoposti alla verifica di assoggettabilità alla valutazione ambientale strategica (VAS), di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, qualora definiscano il quadro di riferimento per la realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, III e IV alla parte seconda dello stesso decreto legislativo, oppure possano comportare un qualsiasi impatto ambientale sui siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e su quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica. (7)
- Ai fini dell’applicazione dell’articolo 77, comma 10, del decreto legislativo n. 152 del 2006, per alluvioni estreme si intendono le alluvioni di cui all’articolo 6, comma 2, lettera a), nonché le alluvioni eccezionali, non prevedibili ma di impatto equivalente alle precedenti.
- Le misure di cui al comma 1 garantiscono, in particolare, che: a) le prime mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni di cui all’articolo 6 ed i successivi riesami di cui all’articolo 12 siano predisposti in modo che le informazioni in essi contenute siano coerenti con le informazioni, comunque correlate, presentate a norma dell’articolo 63, comma 7, lettera c), del decreto legislativo n. 152 del 2006. Essi sono coordinati e possono essere integrati nei riesami dei piani di gestione di cui all’articolo 117 dello stesso decreto legislativo n. 152 del 2006; b) l’elaborazione dei primi piani di gestione di cui agli articoli 7 e 8 ed i successivi riesami di cui all’articolo 12 siano effettuati in coordinamento con i riesami dei piani di gestione dei bacini idrografici di cui all’articolo 117 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e possano essere integrati nei medesimi; c) la partecipazione attiva di tutti soggetti interessati di cui all’articolo 10, sia coordinata, quando opportuno, con la partecipazione attiva di tutti soggetti interessati prevista all’articolo 66, comma 7, del decreto legislativo n. 152 del 2006.
[6] legge 6 agosto 2013, n. 97 Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2013. (13G00138) (GU Serie Generale n.194 del 20-08-2013). https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2013/08/20/13G00138/sg
[7] Decreto-Legge 24 giugno 2014, n. 91. Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche’ per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea.
[8] Direttiva 2007/60/Ce del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007 relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32007L0060&from=EN
[9] D.Lgs. 23/02/2010, n. 49 – “Attuazione della direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni”. Pubblicato nella Gazzetta Ufficio 2 aprile 2010, n. 77. https://www.isprambiente.gov.it/pre_meteo/file/DLGS_49_2010_agg2014.pdf
[10] [3] Tra le regioni italiane solo il Trentino ha recuperato i fiumi a livello naturalistico, decementificando gli alvei e ricostruendo gli ecosistemi.
[11] COP DECISIONS https://www.cbd.int/decisions/cop/default.shtml?m=cop-05
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